sabato 19 aprile 2025

Il Tribunale di Bologna riconosce la protezione speciale: R.G. 9465/2024, sentenza del 14 aprile 2025

 

Il Tribunale di Bologna riconosce la protezione speciale: R.G. 9465/2024, sentenza del 14 aprile 2025

di Avv. Fabio Loscerbo

Con sentenza n. 935/2025, pubblicata il 14 aprile 2025 (R.G. 9465/2024), il Tribunale Ordinario di Bologna – Sezione Specializzata in materia di Immigrazione – ha accolto il ricorso proposto da una cittadina albanese, annullando il diniego della Questura di Modena e riconoscendo in suo favore il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, ai sensi dell’art. 19, commi 1 e 1.1, del D.lgs. 286/98.

1. La cornice normativa

La decisione si colloca nel quadro della normativa vigente prima dell’entrata in vigore del D.L. 20/2023, come previsto dall’art. 7, comma 2, della stessa fonte normativa: per le domande presentate prima dell’entrata in vigore del decreto, o già oggetto di invito alla formalizzazione da parte della Questura, continua ad applicarsi la disciplina previgente. Ne consegue che il permesso per protezione speciale ha durata biennale, è rinnovabile ed è convertibile in permesso per motivi di lavoro.

La Corte bolognese compie un’approfondita analisi della riforma introdotta dal D.L. 130/2020, la quale ha ancorato espressamente la protezione speciale anche alla tutela del diritto alla vita privata e familiare ex art. 8 CEDU, ampliando il paradigma giurisprudenziale precedentemente sviluppato in materia di protezione umanitaria.

2. I criteri di valutazione: vita privata e radicamento

Il Collegio richiama la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 24413/2021) e l’ordinanza interlocutoria n. 28316/2020, evidenziando come il diritto al rispetto della vita privata e familiare vada interpretato in chiave estensiva, anche alla luce delle pronunce della Corte EDU. In particolare, si ribadisce che il “radicamento” dello straniero non può essere valutato solo in base alla durata della permanenza o alla titolarità di un contratto di lavoro, ma anche sulla base della rete di relazioni, dell’identità sociale, della partecipazione alla vita collettiva e culturale.

Nel caso esaminato, la ricorrente vive da otto anni in Italia, ha una relazione affettiva stabile con un cittadino straniero titolare di protezione speciale, è occupata con contratto a tempo indeterminato e ha prodotto documentazione comprovante redditi, domicilio, vita relazionale e assenza di pericolosità sociale attuale. Tali elementi, secondo il Tribunale, integrano una vita privata consolidata e non possono essere sacrificati senza che si realizzi un vulnus al diritto sancito dall’art. 8 CEDU.

3. Il superamento del criterio esclusivo della “integrazione lavorativa”

Un passaggio rilevante della sentenza consiste nel superamento dell’approccio riduzionista secondo cui la protezione speciale debba fondarsi unicamente sull’inserimento lavorativo. Il Tribunale chiarisce, invece, che l’integrazione va letta in senso olistico, comprendente anche la dimensione affettiva, abitativa, linguistica e sociale. La decisione si allinea pertanto all’indirizzo più avanzato in giurisprudenza, che riconosce il “diritto a non essere sradicati” come nucleo essenziale della tutela dei diritti fondamentali.

4. Le conseguenze giuridiche

Oltre al riconoscimento della protezione speciale, la sentenza stabilisce che il relativo permesso dovrà essere rilasciato con le caratteristiche della vecchia disciplina: durata biennale, possibilità di svolgere attività lavorativa, rinnovabilità e convertibilità. Si dichiara inoltre la compensazione integrale delle spese di lite, evidenziando la natura meramente difensiva della pretesa del ricorrente.

5. Osservazioni conclusive

Questa sentenza rafforza ulteriormente l’orientamento secondo cui la protezione speciale – soprattutto nella sua declinazione fondata sulla vita privata – rappresenta oggi l’unica forma di tutela residuale per le persone straniere che, pur non rientrando nelle forme tipiche di protezione internazionale, abbiano costruito in Italia un percorso stabile, dignitoso e coerente con i valori costituzionali.

In tal senso, il Tribunale di Bologna si conferma come punto di riferimento nazionale nella giurisprudenza in materia di immigrazione, nella direzione di un’applicazione coerente dei principi costituzionali, convenzionali e sovranazionali.


Avv. Fabio Loscerbo

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