mercoledì 13 agosto 2025

Decreto flussi 2026-2028: semplificazioni in arrivo Addio (o quasi) al “labour market test”, tempi più rapidi per il nulla osta, codice fiscale al visto. Quote triennali: 497.550 ingressi

 

Decreto flussi 2026-2028: semplificazioni in arrivo

Addio (o quasi) al “labour market test”, tempi più rapidi per il nulla osta, codice fiscale al visto. Quote triennali: 497.550 ingressi

1) Contesto e percorso di adozione

Dal testo pubblicato su ItaliaOggi del 6 agosto 2025 emerge il parere della Conferenza Unificata (Regioni e Province autonome) sullo schema di DPCM che programma i flussi 2026-2028. Il parere è favorevole, con voto contrario di Toscana ed Emilia-Romagna. Segue ora il passaggio alle Commissioni parlamentari (parere entro 30 giorni) e il via libera definitivo della Presidenza del Consiglio. È prevista la pre-compilazione delle domande di nulla osta a partire da ottobre 2025, così da attivare subito il nuovo ciclo.

2) La novità chiave: semplificare (fino a eliminare) la verifica preventiva di indisponibilità

La procedura vigente impone al datore di lavoro, prima della domanda di nulla osta, di chiedere al Centro per l’Impiego la verifica dell’indisponibilità di lavoratori già presenti in Italia. La verifica si considera conclusa con esito negativo se entro 8 giorni non arriva riscontro dal CPI; il nulla osta, poi, è rilasciato dopo 20 giorni dall’istanza (in caso di controlli positivi).
Le Regioni chiedono di rivalutare o eliminare questo passaggio, definito nella prassi un mero adempimento formale, costoso per imprese e CPI e spesso non aderente alla realtà dei fabbisogni (mansioni specifiche, aree a carenza di offerta, sistemi regionali già attivi di incrocio domanda-offerta). In sostanza, si punta a un modello più aderente al mercato e meno cartolare.

3) Altre semplificazioni proposte

  • Tempi del nulla osta: giudicati troppo lunghi; si chiede un’anticipazione dei termini, “sul modello” di corsie già sperimentate per alcuni Paesi (Pakistan, Bangladesh, Sri-Lanka, Marocco).

  • Codice fiscale al visto: rilascio del CF in Ambasciata/Consolato contestualmente al visto, per consentire subito contratto, assunzione e adempimenti contributivi/fiscali.

  • Contratto/lettera di assunzione: snellimento della sottoscrizione (oggi spesso subordinata a firma digitale), per accelerare l’avvio del rapporto.

  • Conto corrente: semplificare l’iscrizione anagrafica bancaria per l’apertura del conto ai neo-ingressi, così da garantire la tracciabilità delle retribuzioni ed evitare i “mesi di vuoto” in cui molte aziende faticano a pagare stipendi per assenza di IBAN.

4) Le quote 2026-2028 (per tipologia)

Tipologia202620272028
Lavoro subordinato non stagionale62.60062.20062.000
Lavoro subordinato stagionale88.00089.00090.000
Assistenza familiare (colf e badanti)13.60014.00014.200
Lavoro autonomo650650650
Totale annuo164.850165.850166.850

Totale triennio: 497.550 ingressi. Si nota la crescita graduale della componente stagionale e dell’assistenza familiare, con tenuta del non stagionale e una quota simbolica per l’autonomo.

5) Impatti operativi (imprese e consulenti)

  • Pianificazione: la pre-compilazione da ottobre 2025 consente di programmare le assunzioni 2026 sfruttando le nuove quote; conviene predisporre per tempo profili professionali, fabbisogni e documentazione.

  • Tempi di ingresso: l’anticipazione dei termini del nulla osta, se recepita, ridurrà il time-to-hire.

  • Onboarding: con CF al visto e conto semplificato, l’avvio contrattuale e paghe sarà più rapido, con minori rischi di non conformità (retribuzione in contanti, ritardi INPS/INAIL).

  • Compliance: lo snellimento del “labour market test” ridurrà il contenzioso su adempimenti formali, spostando l’attenzione su tracciabilità e correttezza del rapporto.

6) Profili critici e tenuta giuridica

  • Tutela del lavoratore interno: la compressione della verifica al CPI impone contromisure sostanziali (monitoraggi regionali dei fabbisogni, banche dati real time, incentivi all’inserimento di disoccupati residenti).

  • Coordinamento inter-amministrativo: rilascio del CF all’estero richiede integrazione stabile tra MAECI, Ministero dell’Interno, Agenzia delle Entrate e sistemi informativi (Prefetture/Questure/INPS).

  • Bancabilità: l’apertura del conto a neoinseriti extra-UE va conciliata con antiriciclaggio e adeguata verifica; serviranno linee guida chiare alle banche.

  • Quote e stagionalità: l’aumento del canale stagionale va affiancato da strumenti di tutela anti-caporalato e di alloggio adeguato, per evitare derive.

7) Che cosa cambia “davvero”

Se il Governo recepirà integralmente il parere:

  • la procedura d’ingresso diventerà più snella e prevedibile;

  • l’onere documentale si sposterà dal “pezzo di carta” (CPI) al controllo sostanziale su contratto, retribuzione, alloggio e sicurezza;

  • l’integrazione amministrativa (CF al visto + conto + firma semplificata) ridurrà i tempi morti post-ingresso e i rischi di lavoro irregolare “di attesa”.

8) Conclusioni (realismo e prospettiva)

Il triennio 2026-2028, con quasi mezzo milione di ingressi programmati, segna un passaggio dal formalismo alla governance per processi: meno burocrazia inutile, più controlli veri sul rapporto di lavoro e sulla tracciabilità delle retribuzioni. La scommessa è duplice: competitività per le imprese e tutele effettive per i lavoratori. Sarà decisivo, però, che il DPCM traduca le indicazioni della Conferenza in norme chiare, tempi certi e piattaforme interoperabili. Altrimenti, le “semplificazioni” rischiano di restare sulla carta.


Avv. Fabio Loscerbo

Accesso alla protezione internazionale e divieto di discriminazione organizzativa – Nota a Sentenza Tribunale Ordinario di Torino, Nona Sezione Civile, 4 agosto 2025, R.G. 9257/2025

 Accesso alla protezione internazionale e divieto di discriminazione organizzativa – Nota a Sentenza Tribunale Ordinario di Torino, Nona Sezione Civile, 4 agosto 2025, R.G. 9257/2025

1) Premessa
La sentenza in commento decide un ricorso cumulativo avente ad oggetto: (a) l’accertamento del diritto a formalizzare la domanda di protezione internazionale presso la Questura territorialmente competente; (b) l’accertamento del carattere discriminatorio del modello organizzativo adottato dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Torino. Dopo una prima tutela cautelare che ha imposto la ricezione/formalizzazione delle istanze, il giudice, in sede di merito, ha dichiarato cessata la materia del contendere sul capo relativo alla formalizzazione ed ha accolto la domanda antidiscriminatoria, impartendo ordini conformativi.

2) Oggetto del giudizio e domande
Le domande principali hanno riguardato: i) l’accertamento del diritto a presentare domanda di protezione internazionale ex art. 26 d.lgs. 25/2008 presso la Questura competente per “dimora”; ii) l’accertamento della natura discriminatoria delle prassi di accesso all’Ufficio Immigrazione, con richiesta di misure di rimozione e pubblicazione ai sensi dell’art. 28 d.lgs. 150/2011.

3) Quadro normativo
Art. 26 d.lgs. 25/2008: domanda alla Questura competente per il luogo di “dimora”, nozione interpretata in chiave funzionale e non formalistica, coerente con l’art. 6 della direttiva 2013/32/UE in tema di accesso effettivo alla procedura.
Tutela antidiscriminatoria: art. 43 d.lgs. 286/1998 e art. 28 d.lgs. 150/2011, che consentono al giudice ordinario di ordinare la cessazione del comportamento discriminatorio, adottare provvedimenti idonei a rimuoverne gli effetti e imporre piani organizzativi di prevenzione.

4) Sequenza processuale
Il ricorso è stato depositato a maggio 2025; sono state raccolte dichiarazioni ai sensi dell’art. 669-sexies c.p.c.; con provvedimento cautelare di fine giugno 2025 è stato ordinato alla Questura di ricevere/formalizzare le istanze entro un termine breve. Fissata l’udienza di merito a metà luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione e definita con sentenza pubblicata il 4 agosto 2025.

5) “Dimora” e competenza della Questura
Il Tribunale ha ritenuto provata, per ciascun ricorrente, la “dimora” nel territorio torinese anche in senso temporaneo o transitorio. Ne discende l’infondatezza della tesi che pretendeva la dimostrazione di residenza o dimora “abituale” per radicare la competenza della Questura. L’interpretazione accolta evita che oneri probatori eccessivi rendano di fatto impossibile o eccessivamente difficile l’accesso alla procedura, in violazione del principio di effettività del diritto dell’Unione.

6) Il profilo discriminatorio del modello organizzativo
Il giudice ha valorizzato elementi oggettivi della prassi: accesso contingentato tramite code fisiche, assenza di canali di prenotazione equivalenti a quelli disponibili per altre utenze della P.A., criteri di selezione non trasparenti e, in talune giornate, filtraggio per nazionalità. Tali modalità producono un trattamento meno favorevole, direttamente riconducibile al fattore “nazionalità”, in punto di accesso ad un servizio pubblico che condiziona l’esercizio di diritti fondamentali (soggiorno regolare durante la procedura, lavoro dopo i termini di legge, iscrizione anagrafica, assistenza sanitaria).

7) Onere della prova e standard probatorio
In applicazione dell’art. 28, comma 4, d.lgs. 150/2011, forniti dagli attori elementi idonei a presumere la discriminazione, incombeva all’Amministrazione l’onere di provarne l’inesistenza. L’assenza di una prova contraria efficace sulle prassi contestate ha consolidato il quadro presuntivo, conducendo alla declaratoria di discriminazione diretta, anche di carattere collettivo.

8) Il rimedio strutturale imposto
La sentenza non si limita a vietare la prassi illecita: impone l’adozione, entro quattro mesi, di un modello organizzativo informatizzato di gestione degli accessi e delle prenotazioni, con mediazione di soggetti del terzo settore e distinzione tra richiedenti con/senza documenti, ritenuto idoneo in via prognostica a prevenire la reiterazione della discriminazione e a garantire parità sostanziale nell’accesso al servizio.

9) Dispositivo
– Accertata la discriminazione diretta (anche collettiva) posta in essere dall’organizzazione degli accessi all’Ufficio Immigrazione.
– Ordine di adottare un modello organizzativo informatizzato entro quattro mesi.
– Ordine di pubblicazione del provvedimento sui canali istituzionali e su un quotidiano a tiratura nazionale, con funzione informativa e deterrente.
– Spese a carico dell’Amministrazione; cessata materia del contendere sulla pretesa alla formalizzazione già soddisfatta in corso di causa; estinzione per rinuncia limitatamente a un ricorrente.

10) Osservazioni conclusive
La decisione presenta un duplice rilievo sistemico.
(i) Accesso effettivo alla procedura: la lettura funzionale della “dimora” evita che prassi organizzative trasformino requisiti di mera razionalizzazione in barriere all’ingresso, in contrasto con l’art. 6 della direttiva 2013/32/UE.
(ii) Rimedi organizzativi: l’utilizzo di ordini conformativi e di pubblicazione, tipici del contenzioso antidiscriminatorio, consente di incidere sulla causa strutturale della violazione, superando la tutela meramente inibitoria e orientando l’azione amministrativa a risultati verificabili.


Avv. Fabio Loscerbo

Effetto sospensivo automatico in assenza di corretta procedura accelerata – Nota a Tribunale di Bologna, Sez. Immigrazione, decreto 30 luglio 2025, R.G. 10617/2025

Effetto sospensivo automatico in assenza di corretta procedura accelerata – Nota a Tribunale di Bologna, Sez. Immigrazione, decreto 30 luglio 2025, R.G. 10617/2025

1. Premessa
Il decreto in esame, emesso dalla Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea del Tribunale di Bologna, affronta la questione dell’effetto sospensivo automatico del ricorso contro un provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale.
Il caso trae origine dal diniego emesso dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, motivato dalla presunta manifesta infondatezza della domanda, nonostante fosse stato adottato un iter procedurale di tipo ordinario e non accelerato.

2. Il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento
La decisione si fonda sull’art. 35-bis del D.Lgs. 25/2008, come modificato da ultimo dal D.L. 145/2024, conv. in L. 187/2024, e sui principi espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 11399 del 29 aprile 2024.
In tale arresto, reso a seguito di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. proveniente dalla stessa sezione bolognese, la Suprema Corte ha stabilito che la deroga al principio di sospensione automatica del provvedimento impugnato – nei casi di manifesta infondatezza per provenienza da Paese sicuro – opera solo se la Commissione territoriale abbia effettivamente seguito una procedura accelerata conforme alle previsioni di legge. In caso contrario, si determina il ripristino della procedura ordinaria, con conseguente applicazione della sospensione automatica.

3. Applicazione estensiva ai casi di manifesta infondatezza non legati ai Paesi sicuri
Il Tribunale ha ritenuto che il principio enunciato dalle Sezioni Unite si applichi non solo alle ipotesi di manifesta infondatezza per provenienza da Paese sicuro, ma anche alle altre tipologie di manifesta infondatezza e, persino, ai casi di inammissibilità della domanda. Tale estensione trova giustificazione nella ratio della pronuncia della Cassazione e nell’esigenza di coerenza sistematica tra le diverse fattispecie.

4. La procedura seguita nel caso concreto
Dall’esame degli atti è emerso che la Commissione territoriale aveva dichiarato di non essere riuscita a rispettare i termini legali della procedura accelerata “a causa del grande afflusso di istanze”, procedendo quindi secondo il modello ordinario. Nonostante ciò, aveva rigettato l’istanza per manifesta infondatezza, richiamando una circolare della Commissione nazionale per il diritto di asilo.
Il Tribunale ha rilevato che l’adozione della procedura ordinaria comporta:

  • applicazione del termine ordinario di 30 giorni per la proposizione del ricorso;

  • automatica sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, a prescindere dalle avvertenze contenute nel dispositivo della decisione amministrativa.

5. La decisione
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ha dichiarato automaticamente sospeso l’effetto esecutivo del provvedimento impugnato e ha disposto l’obbligo per la Questura di rilasciare al ricorrente un permesso di soggiorno per richiesta asilo, valido sino alla definizione del giudizio.

6. Considerazioni conclusive
La pronuncia in commento ribadisce un principio di rilevanza pratica significativa per la difesa dei richiedenti protezione internazionale: l’effetto sospensivo automatico non può essere negato quando la Commissione territoriale non rispetta le condizioni procedurali che giustificano l’adozione della procedura accelerata.
Si tratta di un’interpretazione che tutela in maniera sostanziale il diritto di difesa e la permanenza legale sul territorio nazionale del richiedente, ponendo un freno a prassi amministrative che tendono ad assimilare impropriamente fattispecie diverse.


Avv. Fabio Loscerbo

Protezione speciale e integrazione socio-lavorativa: nota a Tribunale di Catania, Sezione Immigrazione, decreto 10 luglio 2025, R.G. 9595/2023

 Protezione speciale e integrazione socio-lavorativa: nota a Tribunale di Catania, Sezione Immigrazione, decreto 10 luglio 2025, R.G. 9595/2023

1. Premessa
Il decreto in commento, emesso dalla Sezione Immigrazione del Tribunale di Catania, affronta una vicenda complessa in cui il ricorrente aveva impugnato il provvedimento della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale che aveva dichiarato inammissibile una domanda reiterata di protezione internazionale.
La decisione si caratterizza per un duplice profilo: da un lato, la conferma della valutazione negativa in ordine allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria; dall’altro, il riconoscimento della protezione speciale ai sensi dell’art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998, in ragione del radicamento socio-lavorativo e familiare del richiedente in Italia.

2. Inammissibilità della domanda reiterata
Il Tribunale rileva come la Commissione Territoriale avesse legittimamente dichiarato inammissibile la domanda reiterata, non essendo stati introdotti nuovi elementi di fatto o di diritto idonei a mutare la valutazione già operata in sede di prima istanza, ai sensi dell’art. 29, comma 1, lett. b), D.Lgs. 25/2008.
Il ricorrente, infatti, si era limitato a prospettare generiche problematiche personali, senza fornire specifiche allegazioni su rischi individuali di persecuzione (art. 7 D.Lgs. 251/2007) o di danno grave (art. 14, lett. a e b, D.Lgs. 251/2007).
Sotto il profilo dell’art. 14, lett. c, il Tribunale ha escluso la sussistenza in Marocco di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sulla base di un’ampia ricognizione delle fonti internazionali.

3. L’esame della protezione speciale
Pur confermando l’assenza dei presupposti per la protezione internazionale, il Collegio ha ritenuto necessario verificare la sussistenza delle condizioni per la protezione speciale, in applicazione del principio – ribadito da Cass. 8819/2020 – secondo cui il giudice deve valutare d’ufficio tutte le forme di tutela previste dall’ordinamento, indipendentemente dal nomen iuris indicato dalla parte.
Richiamando il testo dell’art. 19, comma 1.1, TUI, come modificato dal D.L. 130/2020, il Tribunale ha ritenuto che il rimpatrio del ricorrente avrebbe comportato una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, protetto dall’art. 8 CEDU, in considerazione del radicamento sociale e lavorativo in Italia.

4. Gli elementi di integrazione
L’integrazione è stata desunta da molteplici elementi documentali:

  • contratto di lavoro subordinato e buste paga relative al 2023 e 2024;

  • attestati di formazione professionale (carrelli industriali semoventi e sicurezza ad alto rischio);

  • matrimonio con connazionale residente in Italia e nascita di un figlio minore nel territorio nazionale.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. 7396/2021; Cass. 16369/2022; Cass. 26089/2022) ha riconosciuto che tali fattori sono indicativi di una seria intenzione di integrazione, rilevante ai fini della protezione speciale.

5. La decisione
Il Tribunale ha accolto parzialmente il ricorso, dichiarando il diritto del richiedente al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, convertibile in permesso per motivi di lavoro, e disponendo la trasmissione degli atti al Questore. Le spese sono state dichiarate irripetibili.

6. Considerazioni conclusive
Il provvedimento si inserisce nel filone giurisprudenziale che, pur rigettando le domande di protezione internazionale prive di elementi nuovi o circostanziati, riconosce la necessità di garantire la tutela dei legami familiari e dell’integrazione effettiva nel territorio, valorizzando l’art. 19 TUI come strumento di protezione dei diritti fondamentali.
L’approccio adottato dal Tribunale di Catania evidenzia un equilibrio tra il rigore nell’applicazione delle regole sull’inammissibilità delle domande reiterate e l’attenzione alla tutela dei valori costituzionali e convenzionali legati alla vita privata e familiare.


Avv. Fabio Loscerbo

mercoledì 30 luglio 2025

T.A.R. Salerno: va riesaminata la domanda di permesso di soggiorno rigettata per “piccolo spaccio” alla luce della giurisprudenza costituzionale Sentenza n. 1074/2025 – R.G. n. 869/2024 – Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Terza – pubblicata l’11 giugno 2025

 T.A.R. Salerno: va riesaminata la domanda di permesso di soggiorno rigettata per “piccolo spaccio” alla luce della giurisprudenza costituzionale

Sentenza n. 1074/2025 – R.G. n. 869/2024 – Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Terza – pubblicata l’11 giugno 2025

Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. Salerno ha accolto il ricorso proposto da un cittadino straniero avverso il decreto di diniego del permesso di soggiorno per emersione ai sensi dell’art. 103, co. 1, del D.L. 34/2020, basato su una condanna pregressa per detenzione di sostanze stupefacenti ex art. 73, co. 5, del D.P.R. 309/1990.

La Questura aveva ritenuto tale condanna ostativa in via automatica, applicando l’art. 103, comma 10, lett. c), del D.L. 34/2020, che esclude l’accesso alla procedura di regolarizzazione in caso di reati “inerenti agli stupefacenti”. Il ricorrente aveva tuttavia evidenziato che si trattava di una fattispecie di “piccolo spaccio”, con condanna risalente, pena sospesa e intervenuta riabilitazione.

Il Collegio ha ritenuto fondato il ricorso, in particolare alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 43/2024, che ha dichiarato incostituzionale la norma nella parte in cui prevede l’automatica esclusione dei soggetti condannati per i reati previsti dall’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990 (spaccio di lieve entità). La Consulta ha chiarito che in tali casi è necessaria una valutazione individuale della pericolosità sociale attuale del richiedente, non essendo giustificabile una presunzione assoluta.

Il T.A.R. ha ribadito che, anche prima dell’evoluzione normativa che ha trasformato la fattispecie attenuata in reato autonomo, i principi di proporzionalità, ragionevolezza e tutela dei diritti fondamentali avrebbero comunque imposto una verifica istruttoria piena della situazione personale del richiedente. Nel caso in esame, tale valutazione era completamente assente nel provvedimento impugnato.

Pertanto, il Tribunale ha annullato il decreto di diniego e ha ordinato alla Questura di riesaminare l’istanza, valutando in concreto la pericolosità sociale del ricorrente alla luce della riabilitazione, del tempo trascorso, della condotta successiva e della situazione familiare e lavorativa documentata. Le spese sono state compensate per la peculiarità della vicenda, e il patrocinio a spese dello Stato è stato confermato, con liquidazione di € 1.000,00 al difensore.

Avv. Fabio Loscerbo

martedì 29 luglio 2025

T.A.R. Salerno: la Prefettura deve concludere il procedimento anche in caso di rinuncia del datore di lavoro Sentenza n. 1260/2025 – R.G. n. 1808/2024 – Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Terza – udienza del 10 giugno 2025

 T.A.R. Salerno: la Prefettura deve concludere il procedimento anche in caso di rinuncia del datore di lavoro

Sentenza n. 1260/2025 – R.G. n. 1808/2024 – Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Terza – udienza del 10 giugno 2025

Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. Salerno ha accolto il ricorso proposto contro l’inerzia della Prefettura – Sportello Unico per l’Immigrazione in ordine all’istanza di rilascio di permesso di soggiorno per attesa occupazione, presentata il 7 marzo 2023.

Il ricorrente, regolarmente entrato in Italia con nulla osta per lavoro subordinato non stagionale, si era presentato presso lo Sportello Unico insieme al datore di lavoro per perfezionare il contratto di soggiorno. Tuttavia, per errore materiale nell’indicazione del nominativo, l’appuntamento si concludeva senza esito. Dopo ulteriori solleciti e la sopravvenuta rinuncia del datore all’assunzione, l’Amministrazione ometteva di adottare qualsivoglia provvedimento espresso.

Il Tribunale ha richiamato il principio, affermato anche dal Consiglio di Stato (Sez. III, sent. n. 4717/2024), secondo cui la stipula del contratto di soggiorno è fase essenziale e funzionale non solo all’ottenimento del titolo di soggiorno ma anche alla piena integrazione dello straniero nel tessuto sociale ed economico nazionale. Essa non può essere elusa dalla P.A., la quale ha l’obbligo giuridico di convocare le parti e verificare l’effettiva disponibilità del datore di lavoro, anche ai fini dell’eventuale rilascio di un permesso per attesa occupazione.

Il Collegio ha riconosciuto che, sebbene la Prefettura avesse infine convocato le parti a distanza di oltre un anno dal primo appuntamento, tale adempimento tardivo non esimeva l’Amministrazione dall’obbligo di concludere formalmente il procedimento avviato, in osservanza dell’art. 5, comma 9, del D.lgs. 286/1998. Quest’ultima disposizione prevede infatti un termine di 60 giorni entro cui decidere sulle istanze di permesso.

Pur considerando gli orientamenti giurisprudenziali che escludono il rilascio del permesso per attesa occupazione in caso di mancata instaurazione originaria del rapporto di lavoro, il T.A.R. ha ritenuto comunque doveroso un provvedimento espresso e motivato da parte dell’Amministrazione, poiché l’eventuale reperimento di una nuova opportunità lavorativa non può essere a priori escluso.

La sentenza dispone quindi l’obbligo per la Prefettura di pronunciarsi entro 30 giorni, nominando, in caso di ulteriore silenzio, un Commissario ad acta nella persona del Responsabile della Direzione Centrale per le Politiche Migratorie del Ministero dell’Interno. Le spese di giudizio sono poste a carico del Ministero, liquidate in € 1.000 oltre accessori.

Avv. Fabio Loscerbo

lunedì 28 luglio 2025

T.A.R. Salerno: nessun risarcimento per il ritardo se non è provato il danno effettivo Sentenza n. 1270/2025, R.G. n. 226/2025, emessa in data 24 giugno 2025 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Terza

 T.A.R. Salerno: nessun risarcimento per il ritardo se non è provato il danno effettivo

Sentenza n. 1270/2025, R.G. n. 226/2025, emessa in data 24 giugno 2025 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Terza

Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. Salerno ha definito un ricorso proposto avverso il silenzio serbato dalla Questura di Salerno in merito a un’istanza di correzione dei dati anagrafici erroneamente riportati nel permesso di soggiorno.

Il ricorrente, cittadino tunisino, aveva segnalato alla Questura, tramite il proprio difensore, l’errata indicazione del codice fiscale e del luogo di nascita sul permesso aggiornato, sollecitando ripetutamente una rettifica. Non avendo ricevuto riscontro, aveva adito il giudice amministrativo per ottenere:
a) l’accertamento dell’illegittimità del silenzio;
b) l’ordine all’Amministrazione di provvedere mediante provvedimento espresso;
c) il risarcimento del danno da ritardo ex art. 2-bis, L. 241/1990;
d) l’indennizzo automatico da ritardo previsto dallo stesso articolo.

Durante il giudizio, l’Amministrazione ha provveduto alla correzione richiesta, consegnando il permesso rettificato e sostenendo l’intervenuta cessazione della materia del contendere. Il T.A.R. ha accolto tale eccezione limitatamente all’azione contro il silenzio, dichiarandone l’estinzione per sopravvenuto difetto di interesse.

Diversa la sorte delle domande risarcitorie e di indennizzo.

Il Collegio ha ricordato che, ai sensi dell’art. 2-bis della legge n. 241/1990, il risarcimento da ritardo non deriva automaticamente dal mero decorso dei termini, ma richiede la prova rigorosa del danno subito, del nesso causale e dell’elemento soggettivo della colpa o dolo dell’Amministrazione. Sul punto, è stato richiamato l’orientamento consolidato del Consiglio di Stato secondo cui l’onere probatorio grava integralmente sul ricorrente (Cons. Stato, Sez. II, 12 aprile 2021, n. 2960; Sez. III, 23 maggio 2025, n. 4507; Sez. VII, 21 maggio 2025, n. 4369). Nel caso di specie, il T.A.R. ha rilevato l’assenza di qualsiasi prova anche solo indiziaria circa l’effettivo danno subito, la sua entità e il collegamento causale con l’inerzia della Questura.

Parimenti infondata è stata ritenuta la domanda di indennizzo automatico da ritardo, poiché l’art. 28 del D.L. 69/2013 ha limitato l’applicabilità della norma ai soli procedimenti relativi all’esercizio di attività d’impresa. Non essendo mai intervenuta un’estensione normativa a procedimenti diversi, il T.A.R. ha dichiarato inammissibile la domanda per carenza della condizione dell’azione (Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 2019/2025).

Infine, il Collegio ha disposto la compensazione delle spese, evidenziando la parziale soccombenza reciproca e il fatto che parte del ritardo era dipeso da un errore del sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate.

Avv. Fabio Loscerbo

TEMA: Diniego del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, requisiti legali e valutazione della pericolosità sociale – Nota a TAR Puglia, Lecce, sentenza 19 novembre 2025 (pubbl. 28 novembre 2025)

  TEMA: Diniego del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, requisiti legali e valutazione della pericolosità sociale – Nota a TAR Puglia...