domenica 5 ottobre 2025

The TAR Tuscany and the Right to a Different Residence Permit


 🎙️ Title:

The TAR Tuscany and the Right to a Different Residence Permit

🎧 Podcast Script:

Welcome to a new episode of Immigration Law, with lawyer Fabio Loscerbo.

Today, we’re talking about an important ruling issued by the Regional Administrative Court of Tuscany — decision no. 1581 of 2025.
The Court annulled a decision by the Florence Police Headquarters that had refused to renew a residence permit for study reasons.

The applicant had completed a master’s degree in Italy and, although he formally requested a renewal for study purposes, his real intention was to obtain a residence permit for job-seeking.
According to the judges, the Police could not simply reject the request — it had to assess whether the conditions existed to issue a different type of permit, as provided by Article 5, paragraph 9, of the Italian Immigration Act.

This ruling is significant because it reaffirms a key principle of good administration:
authorities must look at the substance of each request, not just its bureaucratic form.

A clear message to all Immigration Offices in Italy: every application must be examined carefully and fairly, especially when the foreign national has shown real efforts toward integration through study or work.

See you in the next episode.
I’m lawyer Fabio Loscerbo.

Il TAR Toscana e il diritto a un diverso permesso di soggiorno


 🎙️ Titolo:

Il TAR Toscana e il diritto a un diverso permesso di soggiorno

🎧 Testo podcast:

Ciao e benvenuti a un nuovo episodio del podcast Diritto dell’Immigrazione, a cura dell’Avvocato Fabio Loscerbo.

Oggi parliamo di una sentenza importante del TAR Toscana, la numero 1581 del 2025.
Il Tribunale ha annullato un diniego della Questura di Firenze che aveva rifiutato di rinnovare un permesso di soggiorno per motivi di studio.

Il ricorrente aveva concluso un master in Italia e, pur avendo chiesto formalmente un rinnovo per studio, il suo vero obiettivo era ottenere un permesso per ricerca di lavoro.
Secondo i giudici, la Questura non poteva limitarsi a dire di no, ma doveva valutare se esistessero i requisiti per rilasciare un diverso tipo di permesso, come previsto dall’articolo 5, comma 9, del Testo Unico sull’Immigrazione.

La decisione è rilevante perché riafferma un principio di buona amministrazione:
le istituzioni devono guardare alla sostanza delle domande e non solo alla forma burocratica.

Un segnale chiaro per tutte le Questure: ogni richiesta di soggiorno va esaminata con attenzione e spirito di equità, specialmente quando lo straniero ha dimostrato un percorso di integrazione attraverso studio o lavoro.

Alla prossima puntata!
Io sono l’Avvocato Fabio Loscerbo.

sabato 4 ottobre 2025

Il TAR Toscana ordina il riesame del diniego di permesso di soggiorno: la Questura deve valutare il rilascio di un diverso titolo ai sensi dell’art. 5, comma 9, T.U. Immigrazione


 Il TAR Toscana ordina il riesame del diniego di permesso di soggiorno: la Questura deve valutare il rilascio di un diverso titolo ai sensi dell’art. 5, comma 9, T.U. Immigrazione


Con la sentenza n. 1581 del 3 ottobre 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) ha accolto il ricorso proposto contro un provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio, emesso dalla Questura di Firenze, affermando un principio di grande rilievo pratico: l’Amministrazione deve valutare, in caso di domanda non accoglibile per la specifica tipologia richiesta, la possibilità di rilasciare un diverso titolo di soggiorno quando sussistano i relativi presupposti.

Il caso

Il ricorrente, studente straniero in possesso di un permesso per motivi di studio, aveva conseguito un master in Italia e successivamente presentato domanda di rinnovo del permesso. La Questura di Firenze aveva rigettato l’istanza, ritenendo che non fossero stati prodotti i documenti necessari per dimostrare l’iscrizione a un nuovo corso accademico, presupposto per il rinnovo del titolo di studio.

Il ricorrente aveva tuttavia chiarito che la sua reale intenzione era ottenere un permesso per ricerca occupazione ai sensi dell’art. 39-bis.1 del D.Lgs. 286/1998, previsto per chi completa un percorso di studi o formazione superiore in Italia. Secondo la difesa, l’Amministrazione avrebbe dovuto comprendere la volontà sostanziale del richiedente e applicare il principio di conversione del titolo di soggiorno, previsto dall’art. 5, comma 9, del Testo Unico sull’Immigrazione.

La decisione del TAR

Il TAR Toscana ha ritenuto infondate le doglianze sulla mancata traduzione del provvedimento, ma ha accolto quelle relative al difetto di istruttoria e di motivazione.

I giudici hanno ribadito che, ai sensi dell’art. 5, comma 9, T.U. Immigrazione, l’Amministrazione, quando riceve un’istanza di rinnovo o rilascio, è tenuta a valutare anche la possibilità di concedere un diverso permesso di soggiorno, qualora ne sussistano i requisiti. Nel caso concreto, la Questura avrebbe dovuto esaminare la possibilità di rilasciare un permesso per ricerca lavoro o altro titolo idoneo, tenendo conto del percorso formativo completato in Italia.

Il Tribunale ha quindi annullato il provvedimento di diniego, disponendo che la Questura riesamini l’istanza, pronunciandosi sulla spettanza o meno del permesso di soggiorno previsto dall’art. 39-bis.1 o di altra tipologia compatibile.

Il principio affermato

La sentenza riafferma un orientamento giurisprudenziale costante: l’Amministrazione non può limitarsi a respingere la domanda se il titolo richiesto non è più valido, ma deve verificare se lo straniero possieda i requisiti per ottenere un diverso permesso.
In tal senso, il TAR richiama la giurisprudenza secondo cui l’art. 5, comma 9, impone una valutazione d’ufficio più ampia, funzionale a evitare decisioni formalistiche che ignorino la reale posizione giuridica dello straniero.

Conclusioni

La pronuncia del TAR Toscana si inserisce nel solco di una giurisprudenza che valorizza il principio di buona amministrazione e l’effettività del diritto al soggiorno.
Il provvedimento non solo annulla un diniego fondato su un approccio meramente burocratico, ma riafferma la necessità di una valutazione sostanziale e flessibile delle istanze degli stranieri che, dopo un percorso di studio o formazione in Italia, intendono rimanere legalmente per inserirsi nel mercato del lavoro.


Avv. Fabio Loscerbo

La Commissione Territoriale di Vicenza riconosce la protezione speciale: la continuità lavorativa come elemento decisivo


 La Commissione Territoriale di Vicenza riconosce la protezione speciale: la continuità lavorativa come elemento decisivo


Nella seduta del 12 agosto 2025, la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona – sezione di Vicenza – ha emesso un decreto di particolare rilievo giuridico e pratico. Pur rigettando la domanda di protezione internazionale, la Commissione ha riconosciuto i presupposti per la trasmissione degli atti al Questore al fine del rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ai sensi dell’art. 32, comma 3, del D.Lgs. 25/2008.

La decisione si fonda su una ricostruzione accurata della vicenda personale del richiedente, giunto in Italia nel 2021 dopo un percorso migratorio legato a condizioni di povertà e precarietà economica in Marocco. Pur riconoscendo la credibilità dei fatti narrati, la Commissione ha escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione internazionale e per la protezione sussidiaria, rilevando che i motivi dell’espatrio si collocano nella sfera privata e non rientrano nei casi di persecuzione previsti dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra.

Tuttavia, il decreto assume particolare rilievo per l’applicazione dell’art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione), in combinato disposto con l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La Commissione ha infatti riconosciuto che l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale comporterebbe una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, considerato il suo stabile inserimento lavorativo in Italia.

Dalla documentazione esaminata risulta che il richiedente lavora in modo continuativo dal 2022, con contratti regolari e redditi crescenti: 2.000 euro nel 2022, 20.000 nel 2023 e 30.000 nel 2024. Questo elemento, unito al radicamento sociale e all’autonomia economica raggiunta, ha determinato la valutazione positiva in chiave di protezione speciale.

La Commissione ha inoltre richiamato le più recenti fonti internazionali (Freedom House, Human Rights Watch, Amnesty International, U.S. Department of State) per confermare che la regione di provenienza, Beni Mellal/Khenifra, non versa in condizioni di conflitto armato o violenza generalizzata tali da giustificare la protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c), del D.Lgs. 251/2007.

Il provvedimento si inserisce in un orientamento ormai consolidato che riconosce la protezione speciale come strumento di garanzia del diritto alla vita privata e familiare per gli stranieri stabilmente integrati nel tessuto sociale e lavorativo italiano.

Parole chiave SEO: protezione speciale, Commissione Territoriale Vicenza, art. 19 TUI, art. 8 CEDU, permesso di soggiorno, D.Lgs. 25/2008, integrazione, lavoro regolare, protezione internazionale, diritto dell’immigrazione.

Firma:
Avv. Fabio Loscerbo

giovedì 2 ottobre 2025

TAR Lazio: respinto il ricorso contro il diniego di permesso UE di lungo periodo per irreperibilità anagrafica

 


TAR Lazio: respinto il ricorso contro il diniego di permesso UE di lungo periodo per irreperibilità anagrafica

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), con sentenza n. 16876/2025 pubblicata il 30 settembre 2025 (RG n. 7473/2022), ha respinto il ricorso presentato da un cittadino straniero contro il decreto della Questura di Roma che aveva negato il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

La vicenda

Il ricorrente aveva impugnato il provvedimento lamentando eccesso di potere, violazione di legge e carenza di motivazione. In particolare, aveva sostenuto che, pur essendo stato cancellato dalle liste anagrafiche per irreperibilità, disponeva comunque di un domicilio regolare sufficiente al rilascio del titolo ordinario, e che l’Amministrazione avrebbe dovuto considerare i nuovi elementi sopravvenuti (certificato di residenza del marzo 2022).

La Questura e il Ministero dell’Interno, rappresentati dall’Avvocatura dello Stato, si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Le ragioni del TAR

Il TAR ha ritenuto infondate le doglianze, osservando che:

  • al momento dell’adozione del diniego (aprile 2022), il ricorrente risultava ancora cancellato dalle liste anagrafiche del Comune di Roma per irreperibilità dal luglio 2019;

  • la certezza della residenza anagrafica e della situazione abitativa è requisito imprescindibile per il rilascio del permesso di soggiorno, in quanto garantisce stabilità e assenza di precarietà alloggiativa;

  • le sopravvenienze (nuova residenza certificata solo nel marzo 2022) non incidono sulla legittimità di un provvedimento adottato in precedenza, ma possono semmai costituire base per una nuova istanza.

Il Collegio ha richiamato la giurisprudenza consolidata secondo cui l’irreperibilità anagrafica impedisce il rilascio o il rinnovo dei titoli di soggiorno (TAR Lazio n. 3750/2025; Consiglio di Stato n. 4275/2020, n. 2826/2020, n. 2993/2023).

Esito del giudizio

Il ricorso è stato quindi respinto. Tuttavia, il TAR ha disposto la compensazione delle spese di lite, considerate le peculiarità della vicenda e le difese svolte. Inoltre, è stato ordinato l’oscuramento dei dati identificativi delle parti ai sensi del Codice Privacy e del Regolamento UE 2016/679.

Significato della decisione

La sentenza conferma un principio chiave nel diritto dell’immigrazione: la disponibilità di una residenza certa e stabile è condizione essenziale per accedere al permesso UE di lungo periodo. La mancanza di iscrizione anagrafica o l’irreperibilità costituiscono motivi ostativi insormontabili, anche in presenza di successivi elementi favorevoli.


✍️ Avv. Fabio Loscerbo

TAR Lazio: confermata l’archiviazione della pratica di emersione 2020 per mancata presentazione e documentazione assente


 

TAR Lazio: confermata l’archiviazione della pratica di emersione 2020 per mancata presentazione e documentazione assente

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), con sentenza n. 16915/2025 pubblicata il 30 settembre 2025 (RG n. 7988/2022), ha respinto il ricorso presentato contro il decreto di archiviazione della Prefettura di Roma relativo a una domanda di emersione dal lavoro irregolare presentata nel 2020.

La vicenda

La ricorrente aveva impugnato il provvedimento sostenendo tre principali motivi:

  • la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, poiché non sarebbe stato notificato il preavviso di rigetto;

  • la violazione dell’art. 2 della stessa legge e dell’art. 5 del d.lgs. 286/1998, ritenendo sussistenti i requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno;

  • una motivazione erronea, fondata sull’asserita mancata presentazione delle interessate all’appuntamento in Prefettura.

Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Roma, costituitisi in giudizio, hanno difeso la correttezza dell’operato amministrativo.

La decisione del TAR

Il TAR ha ritenuto infondate le doglianze, evidenziando che:

  • il preavviso di rigetto era stato effettivamente notificato sia alla datrice di lavoro sia alla lavoratrice, con indicazione dei motivi ostativi;

  • le parti erano state convocate per la sottoscrizione del contratto di soggiorno e la presentazione della documentazione richiesta;

  • né alla convocazione né successivamente è stato prodotto alcun documento giustificativo o elemento utile alla valutazione dei requisiti.

L’assenza delle parti e la mancata produzione documentale hanno impedito all’Amministrazione di verificare i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno, in particolare riguardo al requisito reddituale della datrice di lavoro, al versamento del contributo forfettario previsto dal decreto del 27 maggio 2020 e alla prova della presenza in Italia della lavoratrice (desumibile solo dalla foto-segnalazione).

Il provvedimento di archiviazione è stato pertanto ritenuto legittimo e il ricorso respinto.

Compensazione delle spese

Pur rigettando il ricorso, il TAR ha disposto la compensazione delle spese di lite, richiamando la rilevanza costituzionale degli interessi coinvolti, legati al diritto di ogni lavoratore – anche straniero – a un’attività che assicuri un’esistenza libera e dignitosa.

Implicazioni della sentenza

La decisione ribadisce l’importanza di rispettare gli adempimenti procedurali nelle pratiche di emersione 2020. In assenza di documentazione comprovante reddito, contributi e presenza in Italia, l’Amministrazione non può che procedere all’archiviazione.


✍️ Avv. Fabio Loscerbo

TAR Lazio: respinto il ricorso sul permesso di soggiorno per lavoro subordinato senza contratto di soggiorno

 


TAR Lazio: respinto il ricorso sul permesso di soggiorno per lavoro subordinato senza contratto di soggiorno

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), con sentenza n. 16917/2025 pubblicata il 1° ottobre 2025 (RG n. 9777/2025), ha respinto il ricorso presentato da un cittadino straniero avverso il provvedimento della Questura di Roma che aveva dichiarato irricevibile l’istanza di primo rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, richiesta tramite il decreto flussi 2021.

La vicenda

Il ricorrente aveva impugnato il decreto della Questura, datato 2 maggio 2025, che rigettava la domanda per la mancata produzione del contratto di soggiorno. L’interessato aveva sostenuto che la Prefettura di Roma non avesse ancora provveduto a convocarlo per la firma del contratto presso lo Sportello Unico Immigrazione, ritenendo quindi illegittimo l’operato dell’amministrazione.

La Questura e il Ministero dell’Interno, costituitisi in giudizio tramite l’Avvocatura dello Stato, hanno ribadito la correttezza del procedimento, sottolineando come la richiesta fosse stata avanzata in assenza dei requisiti formali previsti dalla legge.

La decisione del TAR Lazio

Il TAR ha ritenuto infondate le censure, chiarendo alcuni principi fondamentali:

  • Il contratto di soggiorno è un atto imprescindibile: senza la stipula presso lo Sportello Unico Immigrazione, la Questura non può rilasciare il permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

  • L’inerzia della Prefettura non può essere bypassata: in caso di ritardo o mancata convocazione, il rimedio previsto dall’ordinamento è il rito del silenzio (artt. 31 e 117 c.p.a.), non la presentazione diretta della domanda alla Questura.

  • Ruolo del datore di lavoro: non risultavano iniziative concrete da parte del datore di lavoro per sollecitare la definizione del procedimento.

Il Collegio ha quindi ribadito che l’iter previsto dal Testo Unico Immigrazione (artt. 22 co. 5-ter e 6 D.Lgs. 286/1998; artt. 35 e 36 D.P.R. 394/1999) non era stato rispettato, rendendo inevitabile il rigetto.

Spese compensate

Pur respingendo il ricorso, il TAR ha disposto la compensazione delle spese di lite, tenuto conto della particolarità della vicenda e del ritardo della Prefettura nella gestione della pratica.

Rilievo della sentenza

Questa pronuncia conferma un orientamento già espresso in precedenti decisioni dello stesso TAR (sent. n. 33650/2025; sent. n. 12831/2025), rafforzando il principio secondo cui l’iter amministrativo per l’ingresso dei lavoratori stranieri tramite decreto flussi non può prescindere dalla stipula del contratto di soggiorno.

La decisione avrà un impatto rilevante per tutti i casi in cui le Prefetture accumulano ritardi nelle convocazioni: gli stranieri e i loro datori di lavoro dovranno necessariamente utilizzare il rimedio giurisdizionale del rito sul silenzio, senza poter bypassare il passaggio obbligato dello Sportello Unico Immigrazione.


✍️ Avv. Fabio Loscerbo

New on TikTok: Titulli i episodit: Konvertimi i lejes së punës sezonale: pse skadimi i lejes nuk mund ta bllokojë punëtorin e huaj Podcast – Versioni në shqip Mirëmëngjes dhe mirëseerdhët në një episod të ri të Së Drejtës së Imigracionit. Sot trajtojmë një çështje thelbësore që vazhdon të shkaktojë gabime administrative dhe procese gjyqësore të panevojshme: konvertimin e lejes së qëndrimit për punë sezonale në leje për punë të varur, dhe sidomos nëse skadimi i lejes sezonale mund ta bëjë të papranueshme kërkesën për konvertim. Pika e nisjes është një vendim i Gjykatës Administrative Rajonale të Ligurias, i publikuar më shtatë korrik dy mijë e njëzet e pesë. Rasti është i thjeshtë: një punëtor i huaj, mbajtës i një leje sezonale, paraqet kërkesën për konvertim pasi leja ka skaduar. Prefektura e refuzon kërkesën duke pretenduar se konvertimi është i mundur vetëm nëse leja është ende e vlefshme. Refuzimi jepet fillimisht pa shqyrtuar vërejtjet e punëtorit, dhe pastaj përsëritet pothuajse mekanikisht me të njëjtën arsyetim. Gjykata e rrëzon plotësisht këtë qëndrim, duke iu referuar qartë praktikës gjyqësore të konsoliduar. Në vendim thuhet se “nuk ka asnjë tregues ligjor nga i cili mund të nxirret se, për konvertimin e lejes së qëndrimit, kërkohet paraqitja e një leje të vlefshme në momentin e kërkesës” . Ky është një pasazh vendimtar, sepse sqaron një praktikë administrative pa asnjë bazë ligjore. Teksti Unik i Imigracionit nuk kërkon që leja sezonale të jetë e vlefshme në kohën e paraqitjes së kërkesës për konvertim. Nuk e kërkon legjislacioni sekondar. Nuk e kërkon asnjë qarkore. Kur një kusht nuk është parashikuar nga ligji, futja e tij nga administrata përbën kufizim të pajustifikuar që prek drejtpërdrejt rrugëtimin profesional të punëtorit. Rasti i Gjënovës tregon qartë se çfarë ndikimi kanë këto devijime. Edhe pas dy masave të përkohshme të gjykatës, Prefektura mbeti e palëvizshme dhe refuzoi të rishqyrtonte kërkesën pa u mbështetur te skadimi i lejes. Por gjykata është e prerë: kur administrata ta rihapë çështjen, ajo duhet të vlerësojë kërkesën në themel, të verifikojë plotësimin e kushteve materiale për punën e varur dhe të garantojë pjesëmarrjen procedurale të punëtorit. Gjykata vëren gjithashtu se Prefektura nuk ka shqyrtuar vërejtjet e punëtorit, duke i hedhur poshtë si “të papranueshme” pa dhënë asnjë argumentim real. Ky është një tjetër cenim procedural që i shtohet keqinterpretimit të kuadrit ligjor. Megjithatë, çështja thelbësore është vetëm një dhe duhet thënë hapur, sepse shpesh neglizhohet: skadimi i lejes sezonale nuk e bllokon dhe nuk mund ta bllokojë konvertimin. Qëllimi i konvertimit është të sigurojë vazhdimësinë e punës së rregullt dhe t’u mundësojë punëtorëve sezonalë stabilizimin e marrëdhënieve të punës tashmë të filluara. Lidhja e këtij procesi me një kusht formal që ligji nuk e parashikon do të çonte në rezultate të paarsyeshme, duke dëmtuar si punëtorin, ashtu edhe punëdhënësin që ka planifikuar punësimin. Vendimi i Gjykatës Administrative Rajonale të Ligurias jep një udhëzim thelbësor: administrata duhet të vlerësojë kërkesat e konvertimit në mënyrë thelbësore, pa u ndalur te data e skadimit. Nëse ekziston një ofertë pune e vlefshme dhe plotësohen kushtet e tjera, kërkesa duhet të shqyrtohet edhe nëse leja sezonale ka skaduar. Ky është një mesazh i rëndësishëm për të gjithë. Për punëtorët, sepse u garanton se rrugët e tyre të integrimit profesional nuk mund të ndërpriten për një kusht të paqenë. Për Prefekturat, sepse i detyron të harmonizojnë praktikat me ligjin dhe me jurisprudencën e qëndrueshme. Për juristët dhe profesionistët, sepse konfirmon një linjë interpretimi tashmë të konsoliduar në nivel kombëtar. Faleminderit që na dëgjuat. Do të vazhdojmë të ndjekim vendimet që lidhen me konvertimet, marrëdhëniet e punës dhe stabilitetin e qëndrimit, sepse pikërisht në këto fusha përcaktohet funksionimi real i politikave të imigracionit.

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