domenica 19 ottobre 2025

Il diritto del richiedente protezione internazionale e complementare ad aprire un conto corrente

 

Il diritto del richiedente protezione internazionale e complementare ad aprire un conto corrente

Aprire un conto corrente non è un privilegio, ma un diritto essenziale.
Per i richiedenti protezione internazionale e complementare, rappresenta il primo passo verso una piena inclusione sociale, lavorativa e amministrativa. Eppure, nonostante la normativa sia chiara, continuano a registrarsi casi di diniego da parte di alcuni uffici postali e istituti di credito, che dimostrano quanto il principio di uguaglianza fatichi ancora a tradursi in prassi operative.

1. Il quadro normativo: un diritto soggettivo riconosciuto

Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 70/2018 ha istituito il cosiddetto conto di base, ossia un conto accessibile a chiunque risieda legalmente nell’Unione Europea, compresi i richiedenti protezione internazionale o complementare.
Il decreto, in attuazione della direttiva UE 2014/92, sancisce il diritto di ogni persona fisica — anche priva di reddito — ad accedere a un conto che garantisca i servizi bancari fondamentali (depositi, prelievi, pagamenti e accrediti).

Questo diritto ha natura soggettiva piena, e il suo esercizio non può essere limitato per ragioni di status o di nazionalità, purché il soggetto sia legalmente soggiornante in Italia.

2. Le istruzioni di Poste Italiane: apertura consentita anche con permesso provvisorio

Dal giugno 2019, a seguito della Circolare ABI del 19 aprile 2019, Poste Italiane S.p.A. ha disposto — tramite comunicazione interna — che i richiedenti protezione possano aprire un conto di base Bancoposta presentando anche il permesso di soggiorno provvisorio o la ricevuta di rinnovo rilasciata dalla Questura ai sensi del D.Lgs. 142/2015, come modificato dal D.L. 113/2018.

Le note ufficiali inviate a seguito di reclami gestiti dallo scrivente (protocolli PB-250109170/2025, PB-250521121/2025, PB-250201058/2025 e PB-250606324/2025) confermano che:

  • il permesso di soggiorno provvisorio per richiesta protezione internazionale o complementare è documento valido per l’identificazione e l’apertura del conto;

  • se il codice fiscale è riportato sul titolo, il documento può valere anche come attestazione fiscale;

  • il conto di base è sempre apribile, mentre carte prepagate o prodotti finanziari evoluti possono richiedere un titolo di soggiorno definitivo.

3. La protezione complementare: stesso diritto, diversa fonte

L’art. 19, commi 1 e 1.1, del D.Lgs. 286/1998 tutela lo straniero da qualsiasi forma di espulsione o respingimento che comporti una violazione dei diritti fondamentali della persona.
Chi gode di questa protezione complementare è, a tutti gli effetti, legalmente soggiornante e quindi titolare degli stessi diritti civili e sociali riconosciuti ai titolari di protezione internazionale, incluso il diritto di aprire un conto corrente.

In diversi casi seguiti dal sottoscritto, Poste Italiane ha riconosciuto la validità del permesso per protezione speciale o complementare ai fini dell’identificazione bancaria, confermando che anche tali titolari rientrano pienamente nell’ambito di applicazione del Decreto MEF 70/2018.

4. Quando il diniego è illegittimo e discriminatorio

Il rifiuto di aprire un conto a un richiedente protezione — internazionale o complementare — costituisce violazione di un diritto soggettivo.
Si tratta di un comportamento privo di base normativa e potenzialmente discriminatorio, poiché limita l’accesso ai servizi essenziali sulla base dello status giuridico del soggetto.

In questi casi il richiedente può:

  1. presentare reclamo scritto a Poste Italiane o alla banca interessata;

  2. ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF);

  3. segnalare la violazione alla Banca d’Italia, quale autorità di vigilanza.

5. Il conto come strumento di integrazione

Disporre di un conto corrente consente di ricevere lo stipendio, pagare l’affitto, accedere ai servizi sanitari e partecipare alla vita economica.
Negare questo diritto significa ostacolare l’integrazione e spingere le persone verso l’irregolarità.
L’accesso ai servizi bancari è quindi una forma di cittadinanza economica, complementare alla tutela giuridica ottenuta attraverso la protezione internazionale o complementare.

6. Conclusione

Il diritto del richiedente protezione internazionale o complementare ad aprire un conto corrente è pienamente riconosciuto dalla legge italiana e dalle direttive europee.
Le istituzioni e gli operatori finanziari hanno il dovere di renderlo effettivo, non solo per rispetto delle norme, ma come atto concreto di inclusione e giustizia sociale.
Garantire l’accesso a un conto significa garantire dignità, autonomia e legalità: tre pilastri indispensabili di una società che voglia davvero essere integrata.


Avv. Fabio Loscerbo

La Commissione di Bari riconosce la protezione speciale: l’integrazione come valore giuridico tutelato

 

La Commissione di Bari riconosce la protezione speciale: l’integrazione come valore giuridico tutelato

Sottotitolo:
Il caso di un cittadino marocchino conferma l’importanza del radicamento lavorativo e sociale come fondamento della tutela dei diritti umani in Italia.


Una recente decisione della Commissione Territoriale di Bari ha riconosciuto la protezione speciale a un cittadino marocchino, valorizzando il suo percorso di integrazione sociale e lavorativa in Italia.

L’uomo, residente in provincia di Bergamo, vive nel nostro Paese dal 2014, dove ha costruito un’esistenza stabile: contratto di locazione, lavoro regolare nel settore edile, relazioni sociali consolidate e piena autonomia abitativa. Tutti elementi che la Commissione ha considerato decisivi ai fini del riconoscimento della tutela di cui all’articolo 19, comma 1.1, del Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

Pur escludendo i presupposti per lo status di rifugiato o per la protezione sussidiaria, la Commissione ha rilevato che l’allontanamento dall’Italia avrebbe comportato una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Secondo la motivazione, infatti, l’espulsione del richiedente “determinerebbe una privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo della dignità personale, in comparazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza”.

Il provvedimento si inserisce in un orientamento sempre più diffuso secondo cui la protezione speciale rappresenta non un’eccezione, ma una forma di tutela fondata sulla centralità del percorso di integrazione.
Il lavoro, la stabilità abitativa e i legami sociali diventano parametri concreti per valutare la compatibilità tra l’allontanamento e la dignità della persona.

Questa decisione conferma come la protezione speciale sia ormai uno strumento chiave per garantire il diritto a restare quando la vita costruita in Italia riflette un’effettiva integrazione nella comunità nazionale.
Un principio che avvicina il diritto dell’immigrazione alla realtà sociale, riconoscendo che l’appartenenza non nasce solo da un titolo giuridico, ma da un percorso umano e relazionale.

Avv. Fabio Loscerbo
www.avvocatofabioloscerbo.it

venerdì 17 ottobre 2025

🎙️ Titolo del podcast: “Permesso di soggiorno per lavoro: quando manca il contratto di soggiorno la Questura deve dire no”

 


🎙️ Titolo del podcast:

“Permesso di soggiorno per lavoro: quando manca il contratto di soggiorno la Questura deve dire no”


🎧 Testo del podcast:

Benvenuti in un nuovo episodio di Diritto dell’Immigrazione, con l’avvocato Fabio Loscerbo.

Oggi analizziamo una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, la n. 17768 del 2025, che affronta una questione ricorrente: il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato in assenza del contratto di soggiorno.

Il caso riguarda un cittadino straniero che aveva chiesto alla Questura di Roma il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato o attesa occupazione.
L’amministrazione aveva dichiarato la domanda irricevibile, poiché mancava il contratto di soggiorno firmato con il datore di lavoro presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione.

Il ricorrente ha sostenuto che la mancata firma del contratto non dipendeva da lui, ma dal datore di lavoro che lo aveva allontanato prima della convocazione. Tuttavia, il TAR ha ritenuto irrilevante questa circostanza, precisando che il rilascio del permesso di soggiorno senza contratto non è possibile.

Il Tribunale ha chiarito che si tratta di atto vincolato, cioè obbligatorio, e che la Questura non ha alcun potere discrezionale in casi del genere: senza il contratto di soggiorno firmato in Prefettura, l’istanza è automaticamente irricevibile.

Il TAR ha anche ricordato che, se il problema deriva dall’inerzia della Prefettura o dello Sportello Unico, il rimedio non è rivolgersi alla Questura, ma proporre un ricorso per il silenzio amministrativo, come previsto dagli articoli 31 e 117 del Codice del processo amministrativo.

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio chiaro: il permesso di soggiorno per lavoro subordinato nasce solo dopo la firma del contratto di soggiorno.
Senza questo passaggio, l’amministrazione non può procedere, e la Questura deve respingere l’istanza.

Io sono l’avvocato Fabio Loscerbo, e questo è Diritto dell’Immigrazione, il podcast che spiega come la legge e la giurisprudenza definiscono i percorsi dell’integrazione e del lavoro per i cittadini stranieri.
Alla prossima puntata!


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🎙️ Podcast Title: “Work Residence Permit: When the Stay Contract Is Missing, the Police Headquarters Must Say No”


 🎙️ Podcast Title:

“Work Residence Permit: When the Stay Contract Is Missing, the Police Headquarters Must Say No”


🎧 Podcast Script:

Welcome to a new episode of Immigration Law, with lawyer Fabio Loscerbo.

Today we discuss a ruling from the Regional Administrative Court of Lazio (TAR Lazio), decision no. 17768 of 2025, which deals with a recurring issue: the issuance of a residence permit for employment when the stay contract has not been signed.

The case involved a foreign citizen who applied to the Rome Police Headquarters (Questura di Roma) for a residence permit for subordinate employment or pending employment.
The administration rejected the application as inadmissible because the stay contract between the applicant and the employer had not been signed at the Single Immigration Desk (Sportello Unico per l’Immigrazione).

The applicant argued that the failure to sign the contract was not his fault, but the employer’s, who had dismissed him before the scheduled appointment.
However, the TAR found this argument irrelevant, explaining that the residence permit cannot be issued without the signed stay contract.

The Court clarified that this is a binding administrative act, meaning that the Police Headquarters has no discretion: without the contract signed at the Prefecture, the application is automatically inadmissible.

The judgment also emphasized that if the issue arises from the Prefecture’s or Immigration Desk’s inaction, the proper remedy is not to apply directly to the Police Headquarters, but to file a petition for administrative silence, as provided by Articles 31 and 117 of the Administrative Procedure Code.

In conclusion, the Court reaffirmed a clear principle: a residence permit for subordinate employment can only be issued after the stay contract is signed.
Without that step, the administration cannot proceed, and the Police Headquarters must reject the application.

I’m lawyer Fabio Loscerbo, and this is Immigration Law, the podcast that explains how legislation and case law shape integration and employment paths for foreign citizens.
See you in the next episode!


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🎙️ عنوان البودكاست: "تصريح الإقامة للعمل: عندما يغيب عقد الإقامة، يتعين على الشرطة رفض الطلب"


 🎙️ عنوان البودكاست:

"تصريح الإقامة للعمل: عندما يغيب عقد الإقامة، يتعين على الشرطة رفض الطلب"


🎧 نص البودكاست:

مرحبًا بكم في حلقة جديدة من بودكاست قانون الهجرة مع المحامي فابيو لوسيربو.

نتحدث اليوم عن حكم صادر عن المحكمة الإدارية الإقليمية لمنطقة لاتسيو (TAR Lazio)، القرار رقم 17768 لسنة 2025، الذي يتناول مسألة متكررة: منح تصريح الإقامة لأغراض العمل عندما لا يتم توقيع عقد الإقامة.

تتناول القضية مواطنًا أجنبيًا قدّم طلبًا إلى شرطة روما (Questura di Roma) للحصول على تصريح إقامة للعمل التابع أو في انتظار العمل.
رفضت الإدارة الطلب على أساس أنه غير مقبول شكلاً، لأن عقد الإقامة بين العامل وصاحب العمل لم يتم توقيعه في النافذة الموحدة للهجرة (Sportello Unico per l’Immigrazione).

ادّعى مقدم الطلب أن عدم توقيع العقد لم يكن بسببه، بل بسبب صاحب العمل الذي فصله قبل موعد التوقيع.
ومع ذلك، رأت المحكمة أن هذا الادعاء غير ذي صلة، موضحة أنه لا يمكن إصدار تصريح الإقامة دون عقد الإقامة الموقّع.

وأكدت المحكمة أن القرار في هذه الحالة هو قرار إداري إلزامي، أي أن الشرطة لا تمتلك أي سلطة تقديرية: إذا لم يتم توقيع العقد في المحافظة، فإن الطلب يُعتبر تلقائيًا غير مقبول.

كما أوضحت المحكمة أنه في حال كان سبب المشكلة هو تقصير المحافظة أو النافذة الموحدة للهجرة، فإن الحل لا يكون بالتوجه إلى الشرطة مباشرة، بل برفع دعوى بشأن الصمت الإداري، كما ينص عليه المادتان 31 و117 من قانون الإجراءات الإدارية الإيطالي.

وفي الختام، أكدت المحكمة مبدأ واضحًا: تصريح الإقامة للعمل التابع لا يمكن أن يُمنح إلا بعد توقيع عقد الإقامة.
فمن دون هذا الإجراء الأساسي، لا يمكن للإدارة المضي قدمًا، ويجب على الشرطة رفض الطلب.

أنا المحامي فابيو لوسيربو، وهذا هو بودكاست قانون الهجرة، الذي يشرح كيف ترسم القوانين والأحكام القضائية مسار الاندماج والعمل للمواطنين الأجانب.
إلى اللقاء في الحلقة القادمة!


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🎙️ Título del pódcast: “Permiso de residencia por trabajo: cuando falta el contrato de estancia, la Policía debe rechazar la solicitud”


 🎙️ Título del pódcast:

“Permiso de residencia por trabajo: cuando falta el contrato de estancia, la Policía debe rechazar la solicitud”


🎧 Texto del pódcast:

Bienvenidos a un nuevo episodio de Derecho de Inmigración, con el abogado Fabio Loscerbo.

Hoy analizamos una sentencia del Tribunal Administrativo Regional del Lacio (TAR Lacio), la número 17768 de 2025, que trata un tema muy frecuente: la concesión del permiso de residencia por trabajo cuando no se ha firmado el contrato de estancia.

El caso se refiere a un ciudadano extranjero que presentó una solicitud ante la Jefatura de Policía de Roma (Questura di Roma) para obtener un permiso de residencia por trabajo subordinado o por espera de empleo.
La administración rechazó la solicitud por considerarla inadmisible, ya que el contrato de estancia entre el trabajador y el empleador no había sido firmado en la Ventanilla Única de Inmigración (Sportello Unico per l’Immigrazione).

El solicitante argumentó que la falta de firma del contrato no fue culpa suya, sino del empleador, que lo había despedido antes de la cita prevista.
Sin embargo, el tribunal consideró este argumento irrelevante, aclarando que no se puede expedir un permiso de residencia sin un contrato de estancia debidamente firmado.

El TAR precisó que se trata de un acto administrativo obligatorio, es decir, que la policía no tiene margen de discrecionalidad: si el contrato no se ha firmado en la Prefectura, la solicitud es automáticamente inadmisible.

Además, la sentencia recordó que, si el problema proviene de la inactividad de la Prefectura o de la Ventanilla Única de Inmigración, el procedimiento correcto no es acudir directamente a la policía, sino presentar un recurso por silencio administrativo, tal como establecen los artículos 31 y 117 del Código del Proceso Administrativo.

En conclusión, el tribunal reafirmó un principio claro: el permiso de residencia por trabajo subordinado solo puede emitirse después de la firma del contrato de estancia.
Sin este paso, la administración no puede continuar el trámite, y la policía debe rechazar la solicitud.

Soy el abogado Fabio Loscerbo, y este es Derecho de Inmigración, el pódcast que explica cómo la ley y la jurisprudencia marcan los caminos de la integración y el trabajo para los ciudadanos extranjeros.
¡Hasta el próximo episodio!


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🎙️ Titulli i podcastit: “Leja e qëndrimit për punë: kur mungon kontrata e qëndrimit, policia duhet ta refuzojë kërkesën”


 🎙️ Titulli i podcastit:

“Leja e qëndrimit për punë: kur mungon kontrata e qëndrimit, policia duhet ta refuzojë kërkesën”


🎧 Teksti i podcastit:

Mirë se vini në një episod të ri të E Drejta e Imigracionit, me avokatin Fabio Loscerbo.

Sot analizojmë një vendim të Gjykatës Administrative Rajonale të Lazios (TAR Lazio), vendimi nr. 17768 i vitit 2025, që trajton një çështje shumë të zakonshme: dhënien e lejes së qëndrimit për punë kur kontrata e qëndrimit nuk është nënshkruar.

Rasti ka të bëjë me një shtetas të huaj që kishte paraqitur kërkesë pranë Komisariatit të Policisë së Romës (Questura di Roma) për të marrë leje qëndrimi për punë të varur ose për pritje punësimi.
Administrata e kishte refuzuar kërkesën si të papranueshme, sepse kontrata e qëndrimit midis punonjësit dhe punëdhënësit nuk ishte nënshkruar në Zyrën e Bashkuar të Imigracionit (Sportello Unico per l’Immigrazione).

Aplikanti pretendoi se mungesa e nënshkrimit nuk ishte faji i tij, por i punëdhënësit që e kishte larguar nga puna para takimit të planifikuar.
Megjithatë, gjykata e konsideroi këtë argument të parëndësishëm, duke sqaruar se nuk mund të lëshohet leje qëndrimi pa kontratën e nënshkruar të qëndrimit.

TAR-i theksoi se bëhet fjalë për një akt administrativ të detyrueshëm, që do të thotë se policia nuk ka hapësirë për vlerësim apo diskrecion: nëse kontrata nuk është nënshkruar në Prefekturë, kërkesa është automatikisht e papranueshme.

Gjykata kujtoi gjithashtu se, nëse problemi vjen nga mungesa e veprimit nga ana e Prefekturës apo e Zyrës së Bashkuar të Imigracionit, mjeti i duhur nuk është paraqitja e kërkesës drejtpërdrejt në polici, por padia për heshtjen administrative, sipas neneve 31 dhe 117 të Kodit të Procedurës Administrative.

Në përfundim, gjykata riafirmoi një parim të qartë: leja e qëndrimit për punë të varur mund të lëshohet vetëm pas nënshkrimit të kontratës së qëndrimit.
Pa këtë hap të domosdoshëm, administrata nuk mund të vazhdojë procedurën, dhe policia është e detyruar ta refuzojë kërkesën.

Unë jam avokati Fabio Loscerbo, dhe ky është E Drejta e Imigracionit — podcasti që shpjegon si ligji dhe jurisprudenca përcaktojnë rrugët e integrimit dhe punës për shtetasit e huaj.
Mirupafshim në episodin e ardhshëm!


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New on TikTok: Titulli i episodit: Konvertimi i lejes së punës sezonale: pse skadimi i lejes nuk mund ta bllokojë punëtorin e huaj Podcast – Versioni në shqip Mirëmëngjes dhe mirëseerdhët në një episod të ri të Së Drejtës së Imigracionit. Sot trajtojmë një çështje thelbësore që vazhdon të shkaktojë gabime administrative dhe procese gjyqësore të panevojshme: konvertimin e lejes së qëndrimit për punë sezonale në leje për punë të varur, dhe sidomos nëse skadimi i lejes sezonale mund ta bëjë të papranueshme kërkesën për konvertim. Pika e nisjes është një vendim i Gjykatës Administrative Rajonale të Ligurias, i publikuar më shtatë korrik dy mijë e njëzet e pesë. Rasti është i thjeshtë: një punëtor i huaj, mbajtës i një leje sezonale, paraqet kërkesën për konvertim pasi leja ka skaduar. Prefektura e refuzon kërkesën duke pretenduar se konvertimi është i mundur vetëm nëse leja është ende e vlefshme. Refuzimi jepet fillimisht pa shqyrtuar vërejtjet e punëtorit, dhe pastaj përsëritet pothuajse mekanikisht me të njëjtën arsyetim. Gjykata e rrëzon plotësisht këtë qëndrim, duke iu referuar qartë praktikës gjyqësore të konsoliduar. Në vendim thuhet se “nuk ka asnjë tregues ligjor nga i cili mund të nxirret se, për konvertimin e lejes së qëndrimit, kërkohet paraqitja e një leje të vlefshme në momentin e kërkesës” . Ky është një pasazh vendimtar, sepse sqaron një praktikë administrative pa asnjë bazë ligjore. Teksti Unik i Imigracionit nuk kërkon që leja sezonale të jetë e vlefshme në kohën e paraqitjes së kërkesës për konvertim. Nuk e kërkon legjislacioni sekondar. Nuk e kërkon asnjë qarkore. Kur një kusht nuk është parashikuar nga ligji, futja e tij nga administrata përbën kufizim të pajustifikuar që prek drejtpërdrejt rrugëtimin profesional të punëtorit. Rasti i Gjënovës tregon qartë se çfarë ndikimi kanë këto devijime. Edhe pas dy masave të përkohshme të gjykatës, Prefektura mbeti e palëvizshme dhe refuzoi të rishqyrtonte kërkesën pa u mbështetur te skadimi i lejes. Por gjykata është e prerë: kur administrata ta rihapë çështjen, ajo duhet të vlerësojë kërkesën në themel, të verifikojë plotësimin e kushteve materiale për punën e varur dhe të garantojë pjesëmarrjen procedurale të punëtorit. Gjykata vëren gjithashtu se Prefektura nuk ka shqyrtuar vërejtjet e punëtorit, duke i hedhur poshtë si “të papranueshme” pa dhënë asnjë argumentim real. Ky është një tjetër cenim procedural që i shtohet keqinterpretimit të kuadrit ligjor. Megjithatë, çështja thelbësore është vetëm një dhe duhet thënë hapur, sepse shpesh neglizhohet: skadimi i lejes sezonale nuk e bllokon dhe nuk mund ta bllokojë konvertimin. Qëllimi i konvertimit është të sigurojë vazhdimësinë e punës së rregullt dhe t’u mundësojë punëtorëve sezonalë stabilizimin e marrëdhënieve të punës tashmë të filluara. Lidhja e këtij procesi me një kusht formal që ligji nuk e parashikon do të çonte në rezultate të paarsyeshme, duke dëmtuar si punëtorin, ashtu edhe punëdhënësin që ka planifikuar punësimin. Vendimi i Gjykatës Administrative Rajonale të Ligurias jep një udhëzim thelbësor: administrata duhet të vlerësojë kërkesat e konvertimit në mënyrë thelbësore, pa u ndalur te data e skadimit. Nëse ekziston një ofertë pune e vlefshme dhe plotësohen kushtet e tjera, kërkesa duhet të shqyrtohet edhe nëse leja sezonale ka skaduar. Ky është një mesazh i rëndësishëm për të gjithë. Për punëtorët, sepse u garanton se rrugët e tyre të integrimit profesional nuk mund të ndërpriten për një kusht të paqenë. Për Prefekturat, sepse i detyron të harmonizojnë praktikat me ligjin dhe me jurisprudencën e qëndrueshme. Për juristët dhe profesionistët, sepse konfirmon një linjë interpretimi tashmë të konsoliduar në nivel kombëtar. Faleminderit që na dëgjuat. Do të vazhdojmë të ndjekim vendimet që lidhen me konvertimet, marrëdhëniet e punës dhe stabilitetin e qëndrimit, sepse pikërisht në këto fusha përcaktohet funksionimi real i politikave të imigracionit.

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