Conversione del permesso per protezione speciale e regime intertemporale dopo il D.L. 20/2023 – Nota a T.A.R. Sicilia, Sez. III, sentenza 21 novembre 2025 (R.G. 851/2025)
La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Terza, pubblicata il 21 novembre 2025 nel procedimento iscritto al numero di registro generale 851/2025, offre un contributo rilevante alla comprensione del regime intertemporale previsto dall’articolo 7 del decreto-legge 20/2023, convertito nella legge 50/2023, e in particolare del perimetro applicativo della facoltà di conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale in titolo di soggiorno per lavoro subordinato. La decisione si colloca in una fase in cui le Questure, in varie parti del territorio nazionale, tendono a interpretare la disciplina transitoria in modo rigido e restrittivo, generando incertezza applicativa e, talora, effetti pregiudizievoli rispetto ai percorsi di integrazione già riconosciuti dall’autorità giudiziaria.
Il caso esaminato dal TAR riguarda uno straniero che aveva ottenuto un permesso di soggiorno per protezione speciale in forza di un decreto del Tribunale di Palermo, il quale aveva valorizzato un percorso concreto di integrazione sociale e lavorativa. Il giudice civile, nella motivazione originaria, aveva ricondotto la tutela al quadro dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 19 del Testo Unico Immigrazione, ravvisando che l’allontanamento del ricorrente avrebbe compromesso in modo grave e sproporzionato la sua vita privata e familiare. Una volta in possesso del titolo, lo straniero aveva instaurato un rapporto di lavoro stabile e, con coerenza rispetto alle finalità dell’istituto, aveva chiesto alla Questura la conversione del permesso in un titolo per motivi di lavoro subordinato.
La Questura di Palermo aveva tuttavia respinto l’istanza con una motivazione fondata su un presupposto formale: secondo l’amministrazione, il permesso era stato rilasciato a seguito di un giudizio instaurato contro il diniego della protezione internazionale e non nell’ambito di un’istanza di protezione speciale presentata prima del 5 maggio 2023. Da ciò sarebbe derivata l’inapplicabilità del regime transitorio. È proprio su questo punto che il TAR interviene, operando una ricostruzione sistematica del dato normativo che impedisce letture selettive o artificiose del contesto.
Il Collegio sottolinea, innanzitutto, che l’articolo 7 del D.L. 20/2023 non distingue affatto tra le diverse procedure attraverso cui un permesso per protezione speciale può essere rilasciato. La norma, nella sua formulazione letterale, fa riferimento esclusivamente alla data di presentazione dell’istanza, la quale rappresenta l’unico limite temporale previsto dal legislatore. Né il testo della disposizione, né i lavori preparatori, né la logica del sistema autorizzano a introdurre ulteriori condizioni ostative. Il TAR richiama puntualmente il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato del 31 maggio 2024, nel quale si afferma che la conversione deve ritenersi ammissibile per tutti i permessi di soggiorno per protezione speciale riconosciuti in sede giurisdizionale, purché riferiti a istanze presentate prima del 5 maggio 2023. Il parere chiarisce anche che sarebbe irragionevole e contrario all’articolo 3 della Costituzione differenziare tra permessi rilasciati ex articolo 19 del Testo Unico e quelli rilasciati ex articolo 32 del decreto legislativo 25/2008.
È interessante notare come il TAR insista proprio sull’unitarietà strutturale della protezione speciale, che non tollera frammentazioni interpretative. La protezione speciale, nelle sue diverse declinazioni procedurali, ha sempre gli stessi presupposti sostanziali: la rispondenza ai criteri dell’articolo 19 del Testo Unico, che tutela il nucleo dei diritti fondamentali della persona straniera. Creare categorie distinte, a seconda della procedura seguita o della tipologia di contenzioso, significherebbe violare il principio di uguaglianza e disattendere la ratio stessa della tutela.
La decisione del TAR Sicilia si segnala anche per un’attenzione particolare al rapporto tra tutela giurisdizionale e ritardi amministrativi. Il Collegio osserva che un orientamento restrittivo come quello adottato dalla Questura finirebbe per penalizzare proprio quei soggetti che, avendo visto rigettata la loro richiesta, hanno dovuto attivare un giudizio, spesso lungo e complesso, per ottenere una decisione favorevole. Sarebbe contrario ai principi del giusto processo che la durata del giudizio si trasformasse in un ostacolo alla fruizione della conversione, soprattutto quando il legislatore ha inteso garantire una continuità applicativa alle domande presentate sotto il regime previgente.
La sentenza, pertanto, non si limita a correggere un errore di interpretazione, ma riafferma la necessità di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina transitoria. In questa prospettiva, la conversione del permesso per protezione speciale rappresenta uno strumento funzionale alla stabilizzazione dei percorsi di integrazione, i quali costituiscono un elemento centrale del bilanciamento che l’ordinamento pone tra controllo dei flussi migratori e tutela dei diritti fondamentali. L’idea che un richiedente possa essere privato della possibilità di consolidare la propria condizione lavorativa per ragioni meramente procedurali contrasta con l’impostazione complessiva del sistema.
In conclusione, la decisione del TAR Sicilia assume un valore che va oltre il caso concreto. Essa contribuisce a rendere più chiaro il quadro applicativo del regime intertemporale, limita interpretazioni amministrative arbitrarie e ribadisce l’unitarietà concettuale e funzionale della protezione speciale. La sentenza si inserisce in una tendenza giurisprudenziale che tende a salvaguardare l’affidamento dei cittadini stranieri e a tutelare i percorsi di integrazione già riconosciuti come meritevoli dal giudice. È ragionevole attendersi che questo orientamento continui a consolidarsi nei prossimi mesi, con effetti significativi sulla prassi delle Questure e sulla programmazione individuale degli stranieri titolari di protezione speciale riconosciuta in via giudiziaria.
Avv. Fabio Loscerbo
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