TEMA: Diniego del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, requisiti legali e valutazione della pericolosità sociale – Nota a TAR Puglia, Lecce, sentenza 19 novembre 2025 (pubbl. 28 novembre 2025)
Abstract
La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – sede di Lecce, pubblicata il 28 novembre 2025, offre un’importante occasione per riflettere sulla struttura dei requisiti per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo e sul rapporto tra tali requisiti e la valutazione della pericolosità sociale dello straniero. Il provvedimento si inserisce in una linea interpretativa rigorosa, centrata sul rispetto puntuale delle condizioni poste dal Testo Unico Immigrazione e sulla funzione di garanzia dell’ordine pubblico attribuita all’Amministrazione di pubblica sicurezza.
1. Il quadro normativo di riferimento
L’articolo 5, comma 5, del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 disciplina il rifiuto, la revoca e il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno in presenza della mancanza dei requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno. Parallelamente, l’articolo 26, comma 3, del medesimo Testo Unico definisce le condizioni specifiche per il soggiorno per lavoro autonomo: idoneità dell’alloggio e disponibilità di un reddito annuo lecito superiore alla soglia prevista per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.
Il TAR Lecce ribadisce che tali requisiti hanno natura oggettiva e sostanziale, non suscettibile di interpretazioni estensive o di compensazioni fondate su elementi prospettici. La verifica del reddito e dell’alloggio va condotta al momento della decisione, con esclusione di considerazioni sulla futura capacità lavorativa del richiedente.
2. L’accertamento istruttorio: reddito, alloggio e attendibilità delle dichiarazioni
Nel caso esaminato, l’Amministrazione aveva riscontrato l’assenza di dichiarazioni dei redditi negli anni recenti, salvo importi modesti riferiti a esercizi molto risalenti, e la mancata dimostrazione di una sistemazione abitativa effettiva. Il mancato reperimento del richiedente al domicilio indicato e l’assenza di qualsiasi documentazione idonea hanno condotto il TAR a confermare la legittimità del diniego.
Il Collegio valorizza un principio ormai consolidato: l’onere della prova grava integralmente sul richiedente e richiede documentazione concreta (contratti, utenze, atti registrati), non meri elementi dichiarativi. La mancanza di tali elementi non è interpretabile come irregolarità sanabile, ma come assenza del presupposto sostanziale richiesto dalla normativa.
3. La valutazione della pericolosità sociale e il ruolo dei precedenti penali
Elemento centrale della decisione è la conferma della possibilità per l’Amministrazione di considerare, nella valutazione complessiva del rinnovo, anche precedenti non ancora sfociati in sentenza definitiva. Il TAR richiama la giurisprudenza amministrativa che consente l’utilizzo di tali elementi quando rivelatori di una condotta potenzialmente lesiva dell’ordine pubblico.
Nel caso di specie, la presenza di molteplici arresti e condanne, relativi a reati contro il patrimonio, la persona e la pubblica autorità, ha condotto l’Amministrazione a un giudizio negativo di affidabilità. La sentenza sottolinea che tale valutazione non è automatica ma deriva da una ricostruzione analitica del comportamento complessivo del richiedente, come richiesto dal principio di proporzionalità.
4. I legami familiari: limite o criterio integrativo?
L’articolo 5, comma 5, ultimo capoverso, impone di tenere conto della natura ed effettività dei vincoli familiari dello straniero già presente sul territorio nazionale. Tuttavia, il TAR chiarisce che tali legami non costituiscono un diritto incondizionato al rinnovo della misura, soprattutto in assenza di convivenza, contributo educativo o radicamento reale.
Nel caso considerato, il richiedente era padre di una minore italiana, ma non conviveva con lei né dimostrava una relazione continuativa. Il TAR richiama l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui soltanto situazioni eccezionali, con rischi concreti per il minore, possono prevalere sull’esigenza di tutela dell’ordine pubblico.
5. Considerazioni conclusive
La sentenza in commento conferma un approccio rigoroso e coerente con la natura del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, che presuppone stabilità economica e abitativa del richiedente. Al contempo, ribadisce il ruolo della valutazione di sicurezza pubblica, che non richiede necessariamente una condanna penale irrevocabile quando gli elementi disponibili consentano un giudizio prudenziale motivato.
Il provvedimento sottolinea infine l’importanza della motivazione amministrativa: l’atto impugnato, come rilevato dal TAR, esponeva in modo chiaro le ragioni del rigetto, gli elementi istruttori considerati e il percorso logico seguito, garantendo così la piena trasparenza dell’azione amministrativa.
La decisione contribuisce a delineare una linea interpretativa stabile, nella quale il permesso per lavoro autonomo è configurato come istituto fondato su requisiti sostanziali stringenti e su una valutazione complessiva del comportamento del richiedente, con un equilibrio tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti individuali.
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